24.04.2008
Io, mamma, vi chiedo: dobbiamo investire di più sui giovani

Di Nom de Plume*

Caro dott. Passerini, sono la madre di due figli di 24 e 27 anni. Seguo da tempo la sua attività giornalistica e ho scoperto casualmente l’esistenza del suo sito. Vorrei comunicarle tutto il mio disagio di mamma. Mia figlia, la ventisettenne, si è laureata in giurisprudenza con lode e ora sta tentando di avviare la sua carriera di avvocato. Il suo rapporto con il lavoro è fortemente condizionato dal praticantato e per ora si deve accontentare di collaborazioni presso importanti studi di avvocati, con un rimborso spese di solito compreso tra 500 e 700 euro al mese. Mio figlio, meno brillante nei suoi studi, sta tentando di prendersi una laurea in ingegneria, ma credo che ci metterà ancora un bel po’. E’ come se vivesse alla giornata.
Questo non per fare autobiografia, ma per inquadrare il contesto familiare. Io e mio marito, senza una laurea, abbiamo avuto forse fortuna, ma con fatica e sacrifici abbiamo costruito una famiglia, acquistato una casa e stiamo vivendo una vita tranquilla e ancora fiduciosa. I nostri figli sanno già in partenza che la loro vita sarà forse più difficile di quella dei loro genitori e hanno un’dea di futuro piuttosto confusa. Io e mio marito eravamo animati da una voglia di promozione sociale e crescita personale, eravamo certi che avremmo avuto una vita migliore di quella dei nostri genitori, e così è stato. I miei figli no: lo sanno che l’impatto con il lavoro e il futuro sarà piuttosto duro.
Ora io mi chiedo che cosa si può fare per i giovani, laureati e preparati, che rischiano di avere una sensazione di rifiuto, che rischiano di produrre rancore, verso una società che non li valorizza. Perché non si mettono i giovani e il loro futuro al centro delle priorità? Perché non si cercano strade che servono a dare un’idea di mondo migliore? Perché non si investe sui giovani? Perché si fanno solo prediche, ma di fatti se ne vedono pochi? Non è solo un problema di contratti di lavoro, più o meno temporanei, è un problema di senso e di significati, che cominciano a mancare. E se togliamo ai giovani la speranza di futuro, loro cercheranno di vivere esclusivamente in un presente, forse non troppo stimolante, ma più tranquillo e apparentemente più controllabile di un futuro pieno solo di  minacce.

* L’autrice delle lettera chiede di restare anonima