24.04.2008
La priorità: creare 2-3 milioni di posti di lavoro per le donne

Creare occupazione femminile fa bene a tutta l’occupazione. Sono troppo poche le donne che lavorano in Italia. Il loro tasso di inattività è troppo alto ed è il frutto da un lato della rassegnazione, dall’altro di una cultura di base negativa che vorrebbe le donne a casa a curare i figli, dall’altro ancora dell’assenza di servizi a favore della famiglia e delle donne.
In Italia il tasso di occupazione femminile è del 46,9%. Vuol dire che meno di cinque donne su dieci appartenenti alle forze di lavoro sono occupate. Siamo l’ultimo Paese in Europa, la maglia nera anziché la maglia rosa. Nel 2006 la media di occupazione femminile in Europa era del 57,2%; il target di Lisbona è del 60% entro il 2010, ma ci sono Paesi, come per esempio nell’area scandinava, che viaggiano verso e oltre il 70%.
Creare 2-3 milioni di posti di lavoro femminili è alla portata del nostro Paese, ad alcune condizioni. La prima è una questione di incentivi. Ve ne sono di due tipi: uno è l’incentivo alle imprese che assumono donne, e questo è in parte previsto dall’ultima Finanziaria; l’altro, proposto da Alesina-Ichino, è un intervento per ridurre la tassazione sul reddito personale delle donne, come misura virtuosa di sostegno alla loro occupabilità. La seconda questione è quella di individuare politiche aziendali di flessibilità per favorire una maggiore partecipazione delle donne. Orari, turni, telelavoro, banche delle ore, part time e così via: tutte soluzioni organizzative flessibili dalla parte delle donne. La terza condizione è quella della tutela e dell’estensione del diritto e delle indennità per la maternità a tutte le donne. Vi sono categorie che non ne hanno diritto, vi sono ancora penalizzazioni sui tempi e sulla remunerazione della maternità. Una donna su cinque lascia più o meno volontariamente il lavoro dopo il primo figlio. La maternità è ancora per certi imprenditori un fattore di discriminazione. Poi vi è la struttura degli asili che può favorire o meno le donne, ma anche la soluzione del lavoro di cura che le donne svolgono anche per anziani e malati. Infine vi è l’esigenza di una maggiore possibilità di condivisione della maternità da parte delle donne e degli uomini. I congedi parentali sono una buona legge, ma vi sono rigidità. Se poi il reddito maschile è quello principale e quello femminile secondario, la penalizzazione della retribuzione prevista dalla legge non favorisce una maggior condivisione da parte degli uomini, pena la riduzione secca del reddito familiare. Restano infine sullo sfondo le culture maschili, secondo le quali sarebbe preferibile che le donne restassero a casa.
Insomma, si possono creare 2-3 milioni di posti di lavoro in rosa. Ma l’obiettivo è raggiungibile se si interviene su più cause, su più condizioni. Se cioè si crea un sistema di interventi e di occasioni che metta al centro la priorità del lavoro femminile. Creare nuovi posti di lavoro per le donne fa bene a tutta l’occupazione.