17.03.2008
Precarietà, Generazione “mille euro per tutti”?

di Antonio Incorvaia

In effetti sembra quasi un film già visto, un po’ come Notte Prima Degli Esami Oggi, Continuavano A Chiamarlo Trinità o Il Secondo Tragico Fantozzi. In Italia, del resto, la formula è ben collaudata: si cambia – nel minimo indispensabile – il nome a qualcosa di obsoleto e lo si (ri)propone come «qualcosa di radicalmente nuovo». Gli esempi sono innumerevoli e pervadono qualsiasi settore produttivo e culturale nostrano, non ultimo (o forse primo fra tutti) la Politica, che a dispetto delle seriali metamorfosi di stagione offre sul piatto degli elettori le stesse facce ormai da 14 anni.
In questo caso specifico, però, si vuole che il «qualcosa di radicalmente nuovo» non sia banalmente un sequel autocitazionista, bensì il viatico alla risoluzione di un problema. Un problema complesso e articolato come quello della Precarietà, sulla bocca di tutti ma nel cuore di pochi – al di fuori dei quattro milioni di lavoratori atipici che ne soffrono, sottinteso -, che si profila all’orizzonte del prossimo voto con uno scenario perfino più minaccioso di quello alla vigilia del voto del 2006, quando si cominciò a “sbattere il mostro in prima pagina” su scala internazionale parlando di Generazione Mille Euro e relativi derivati. È evidente che, se il precedente Governo avesse realmente introdotto quelle «misure rivoluzionarie» che a più riprese ha prima promesso e poi rivendicato, oggi non solo non si sarebbe diffusa una simile percezione di “Precarietà cosmica e ineluttabile” tra i diretti interessati, ma neanche ci sarebbe bisogno di rilanciare sulla propria stessa trascorsa propaganda arrivando a garantire uno stipendio minimo «sperimentale» di «1.000/1.100 euro netti» a tutti i «collaboratori economicamente dipendenti».
Dalla Generazione Mille Euro alla Generazione: Mille Euro Per Tutti, appunto.
Così, mentre il CentroDestra vagheggia l’idea di un voucher formativo come lasciapassare per carriere in bilico – quello che in ogni altro Paese è il CV, a ben vedere, se non fosse che in Italia viene valutato alla stregua del menu di un fast food -, il CentroSinistra punta invece a livellare i salari dei precari attraverso una proposta dai risvolti non esattamente rassicuranti: estendere a quante più persone l’opportunità di non arrivare comunque alla fine del mese.
Dando ormai per acquisito, calcolatrice alla mano, che i proverbiali Mille Euro coprono al massimo tre settimane (mantenendo un tenore di vita poco meno che embrionale), quella di fissarli come quota base di compenso non pare, insomma, una prospettiva così felice. Tutt’al più, è l’ennesimo cerotto localizzato che si cerca di applicare su una frattura senza favorire al contorno una terapia mirata di sostanziali sferzate legislative/sociali – incentivi a meritocrazia e trasparenza, abolizione o riforma degli Ordini, estensione dei concorsi pubblici, controllo e sanzione degli abusi e delle speculazioni contrattuali, selezione rigorosa dei Curriculum Vitae, credito formativo, inserimento post-laurea, agevolazioni fiscali per l’avviamento di una nuova attività produttiva sia ai «giovani» (20/30 anni) che ai “non giovani” (30/40 anni) parimenti disoccupati o precari, tutela legale da mobbing, ricatti e ritorsioni, per citare le principali -, in mancanza delle quali i “Mille Euro per tutti” sono sì un buono-pasto in più nel portafoglio, ma non un autentico giro di vite verso il compimento di un percorso professionale e personale stabile e appagante.

Antonio Incorvaia
(autore, con Alessandro Rimassa, del progetto Generazione Mille Euro: www.generazione1000.com)