17.05.2013
Sei persone su dieci trovano il lavoro grazie agli amici. I servizi all’impiego non funzionano

Trovare lavoro in Italia, questo è il problema. Non è solo un problema dovuto alla crisi, ma anche agli strumenti con i quali si cerca e si trova il posto di lavoro. Chiamati in causa sono i servizi pubblici e privati che dovrebbero accompagnare le persone che cercano un lavoro, ma così non è. Anzi, i servizi pubblici e le agenzie vengono usati al minimo perché non funzionano e allora non restano che gli amici. Amici non è solo il nome di una nota trasmissione televisiva, ma l’arma usata dai cercatori di posti per trovare un’occasione di lavoro. Impietoso l’ultimo studio Plus dell’Isfol nel fotografare il mercato del lavoro italiano, ancora con poche luci e troppe ombre: si conferma infatti la prevalenza dei canali informali nella ricerca dell’occupazione (quasi i due terzi vi ricorre), mentre appare in tutta la sua inefficacia ed impotenza il ruolo di centri per l’impiego (3,9%) e agenzie del lavoro (2,4%). E questo mentre l’Istat rivela che se a febbraio la disoccupazione è in leggera frenata (11,6% contro l’11,7% di gennaio), dentro il buco nero spicca il macigno di quasi tre milioni di senza lavoro, di cui 650mila sotto i 25 anni. Il fallimento dei servizi all’impiego, oltre al sostegno della domanda, diventa oggi la priorità del mondo del lavoro: senza incentivi alla crescita ed efficaci reti di accompagnamento al lavoro il circolo vizioso non si interrompe. Lo dimostra la ricerca curata da Emiliano Mandrone e Debora Radicchia. I canali utilizzati per trovare lavoro da parte degli occupati continuano ad essere prevalentemente informali. Tra il ricorso ad amici, parenti e conoscenti (32%, il 40,6% tra i giovani), autocandidature (17,3%), passaparola nell’ambiente di lavoro (6,9%) e risposta alle inserzioni sui giornali (3,8%) arriviamo quasi ai due terzi (60%): sei lavoratori su quattro hanno trovato il lavoro per canali non professionali. Di chi è la colpa? Si dice che è un problema di culture tipicamente italiane, altri la addebitano al cattivo funzionamento degli strumenti professionali (servizi). Ma le storture sono anche altre, come emerge dalla ricerca Isfol Plus. Nel 2011 tra le persone in cerca di lavoro solo l’8% ha ricevuto una proposta lavorativa negli ultimi trenta giorni (il 14% nel 2008). Il 44,7% l’ha accettata (il 40,9% nel 2008), il 43,5% l’ha rifiutata (il 48,3% nel 2008). Le ragioni del rifiuto sono chiare: le proposte non erano in linea con le aspettative (23,7%), la retribuzione era inferiore alle richieste (19,2%). Gli altri motivi sono stati l’orario eccessivo (10,7%) e il contratto inadeguato (10%), mentre altri hanno ricevuto offerte irregolari o al nero (10,3%). A lamentare lo scarto tra aspettative e proposte sono stati soprattutto i più giovani (25,3%) e i laureati (25,5%); i quali hanno anche indicato come seconda motivazione al rifiuto la retribuzione troppo bassa (26,4%), che diventa per la generalità dei lavoratori del sud la prima causa di rifiuto (26,3%). La ricerca permette anche di verificare gli ostacoli riscontrati nella ricerca del lavoro, da cui emerge il paradosso: quasi un cercatore su due segnala di avere una formazione più elevata rispetto alla proposta di lavoro (over education), il 41,8% la mancanza di esperienza (un vero tormentone per i più giovani), il 40,3% l’offerta economica insoddisfacente, mentre oltre un terzo si è sentito penalizzato per l’età (34,6%). Tra i motivi per cui non si lavora circa un terzo (34,2%) segnala la mancanza di opportunità (calo della domanda), mentre oltre uno su cinque la attribuisce alla difficoltà di conciliare il lavoro con la cura dei figli e della famiglia (21,8%).