01.11.2009
Anzichè dare i numeri aiutiamo i senza lavoro a trovare un altro posto

In questi giorni stiamo dando prova di scarsa responsabilità sul tema lavoro, ancora una volta usato in chiave polemica e strumentale ad altro, anzichè costituire una priorità condivisa. Vediamo perché. Eurostat ha appena pubblicato i dati sulla disoccupazione in Europa, mai così bassa, dice, dal 1993. Il messaggio diventa ancora più preoccupante, se pensiamo che probabilmente l’onda lunga della crisi non ha ancora dispiegato i suoi effetti sull’occupazione, che potrebbe subìre ulteriori colpi e riduzioni. Inoltre anche la banca d’Italia si è occupata della questione, per bocca dello stesso Governatore, Mario Draghi, che ha quantificato a fine settembre 2009 su settembre 2008 una perdita di 650 mila posti di lavoro nel nostro paese.

L’allarme di Draghi va a contraddire direttamente l’ottimismo oltre ogni evidenza del presidente del Consiglio,  Silvio Berlusconi, che ha dichiarato che “il peggio è passato e avvertiamo i venti della ripresa”. Devo ricordare che il presidente dell’Istat, qualche giorno fa, aveva avvertito che sui 556 mila posti di lavoro ufficiali perduti al secondo trimestre 2009, circa 400 mila vedono un giovane come titolare: segno che a fare le spese della crisi sono oggi soprattutto i giovani e i contratti temporanei delle diverse specie. Se Berlusconi mostra ottimismo, la Cgil rincara e, attraverso il suo centro studi, afferma che i disoccupati in Italia hanno ormai superato quota 3,2 milioni. Tra tutti il più rassicurante è il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, che si dichiara contrariato dalle diverse numerologie e, riferendosi ai dati ufficiali dell’Istat, dice che i disoccupati ufficiali sarebbero 1,8 milioni e i posti di lavoro perduti 378 mila. Chi ha ragione? E chi ha torto? Anche noi siamo infastiditi dalla guerra dei numeri: che nemmeno sui dati riusciamo ad andare d’accordo, mi sembra una prova della mancanza di responsabilità. Intanto, anzichè fare le guerre dei numeri, perché non miglioriamo gli ammortizzatori e i servizi pubblici e privati, per aiutare concretamente chi perde il lavoro a trovarne un altro?