07.07.2008
La questione salari ora rischia di oscurare la priorità del lavoro

E’ diventata la questione nazionale. Anche se qualcuno, con l’enfasi sulla giustizia e sulla sicurezza, rischia di oscurarla. Ma è diventata essa stessa la causa dell’oscuramento di quella che per noi è la priorità nazionale, quella dell’occupazione. Politiche del lavoro e della crescita sono la premessa per risolvere anche la questione salariale. Ecco perché. Innanzitutto, perché non si possono fare le famose “nozze con i fichi secchi”. E in secondo luogo perché non si può togliere a qualcuno per dare a qualcun altro.

Oggi si parla troppo di giustizia, si è mediaticamente creato il caso sicurezza. Risultato: non si parla più di occupazione. Eppure questa parola è al vertice delle preoccupazioni degli Italiani, insieme alla questione salariale. Ci rendiamo conto che il declino economico è ormai iniziato? Che oggi la priorità è rilanciare l’economia? Che parlar d’altro è un diversivo? Hanno ragione coloro che oggi chiedono un tavolo comune per parlare finalmente dei problemi veri: come ricreare le condizioni di uno sviluppo economico, che crei ricchezza, che rilanci l’occupazione. Per avere più risorse e più occupazione è necessario aumentare la circonferenza e il volume della torta.

Certo l’Italia è un Paese che dipende dalle sorti di altri Paesi. L’interdipendenza è insieme una necessità e una scelta. Ma, rifuggendo dalle tentazioni di ricreare il cortile, dobbiamo verificare come creare lavoro e crescita “qui ed ora”, in Italia, con le nostre energie, con le nostre specificità. Dobbiamo discutere su tre traguardi possibili: come raggiungere il 70% di tasso di occupazione generale (siamo al 58%); dobbiamo portare il tasso di occupazione femminile al 60% (siamo al 47%) e quello degli “over 55” al 50% (siamo al 31%).

Di questo dovremmo parlare in questo nostro Paese e molto meno del resto. E’ vero, tendiamo a non avere memoria e a lasciarci prendere da altri temi. Il frinire delle cicale è nelle nostre orecchie, pensiamo alle vacanze. Non vorrei ricordare il Titanic, se non per motivi scaramantici. Andiamo tra un po’ in vacanza (chi se lo può permettere, visto che la media degli Italiani quest’anno le dimezzerà). Ma quando torniamo cambiamo stile e affrontiamo i problemi. C’è un momento in cui tutti, cittadini, governo, sindacati, imprese, dovremo riconoscere e affermare: “La ricreazione è finita!”.