Carissimi Walter e Antonella, vi scrivo perché ho avuto modo di leggere il vostro libro, che ho trovato casualmente in libreria. Ho più di 50 anni e mi ritrovo esattamente in una delle situzioni di cui voi parlate. Sono abbastanza insoddisfatto del mio lavoro da dipendente presso una grande impresa, ma non ho le idee chiare o, forse, il coraggio di cercare concretamente un’alternativa. Mi ritrovo in una delle definizioni usate nel libro: sarei un “accuditivo”, uno che aspetta che la mela gli piova in testa, piuttosto che un “imprenditivo”, cioè uno che, come voi dite, si dà da fare e non si piange addosso.
Mi rendo finalmente conto di quanto le culture del lavoro facciano a volte da freno ai nostri comportamenti. Io sono nato in un piccolo paese di provincia. Poi sono andato a vivere e lavorare in una grande città del Nord. Il mio modello era la grande azienda, nel mio caso di telecomunicazioni. Sono ingegnere, ho fatto una certa carriera. Mi sento oggi un ibrido professionale, metà tecnico di Tlc e metà commerciale. Non so bene come proseguire la mia vita professionale. Confesso che il commerciale mi piace meno del tecnico, ma molte porte si aprono proprio nel commerciale.
Voi consigliate già nel sottotitolo del libro, “Dal lavoro dipendente al lavoro intraprendente”, di pensare di avviare un’attività autonoma. Ma constato amaramente quanto sia ancora difficile farlo. Più che serviuzi che ti aiutano, vieni circondato da piccoli avvoltoi che ti vogliono succhiare un po’ di sangue. In Italia, a differenza di altri Paesi, non esistono dei servizi che aiutino davvero coloro che vogliono avviare un’attività autonoma. Anche in questo caso vince il nepotismo. I finanziamenti sono un ostacolo. Ma soprattutto mancano consulenti davvero capaci e non esosi che aiutino lo sviluppo di chi vuole mettersi in proprio, anche in una piccola attività.
Sono ottimista, mi piacciono la semplicità e la bellezza. Credo alla professionalità, come il protagonista del romanzo “La chiave a stella”. Per me lavorare significa fare le cose bene, possibilmente utili agli altri, alla collettività. Ho letto con piacere il vostro libro. Perché non pensate di porre all’ordine del giorno la nascita di strutture, pubbliche e private, magari anche a pagamento, ma controllate, che aiutino davvero a passare “dal lavoro dipendente al lavoro intraprendente”? Grazie e complimenti per il vostro lavoro.