26.05.2008
Cinquantenni, troppo giovani per la pensione, troppo vecchi per lavorare

Nella società giovanilistica rischiano di essere il capro espiatorio di un mercato del lavoro schizofrenico. I giovani conoscono la stabilità del lavoro a 35 anni. E a 45 si sentono già di troppo. E’ il paradosso del mercato del lavoro, che non riesce a gestire la demografia e la questione dell’età. Eppure, basterebbe guardare all’estero e copiare dalle migliori esperienze.

I giovani sono forti culturalmente, ma deboli politicamente ed economicamente. A detenere il potere sono gli “over 65”, ma al di sopra dei 50 tutti cominciano ad adottare modelli giovanili, segno della difficoltà di diventare vecchi, di affrontare il tema dell’età. Eppure non si può fare alcun patto con il diavolo. Si calcola che gli “over 50” che hanno perduto il lavoro e sono loro malgrado costretti a fare i conti con la disoccupazione siano ormai tra le 700mila e il milione di persone. Ma nessuno ha ancora elaborato una strategia per loro. L’Europa ci chiede di aumentare il loro tasso di occupazione dall’attuale 31,4% al 50%. Ma come? Sono tre le questioni di fondo.

1. Innanzitutto vi è la questione previdenziale. La sintesi è la frase diventata slogan “troppo giovani per la pensione, troppo vecchi per il lavoro”. I nati dopo il 1950-51 non riescono spesso ad avere maturato l’anzianità minima di pensione, che nel frattempo si è alzata, ma si sentono trattare da zavorra nelle imprese. I casi sono due: o si riesce ad accumulare contributi, anche attraverso trattamenti temporanei, per arrivare alle soglie minime; oppure si rivendicano binari preferenziali, una merce che non va più di moda e sempre più rara da quando sono stati bollati i vecchi e abusati trattamenti da prepensionamento.

2. La seconda questione si chiama lavoro autonomo. Andrebbe istituito un prestito sull’onore per ultracinquantenni, per favorire forme di lavoro indipendente. Una quota da restituire a tassi agevolati; un’altra a fondo perduto. Il tutto per incentivare gli ex dipendenti a cercare una strada intraprendente. C’è, o c’era, il prestito sull’onore giovanile: perché non istituirne uno per “over 50”?

3. La terza strada è quella della consulenza. Molti licenziati o “allontanati” si improvvisano agenti di commercio. Altri cercano di entrare svogliatamente nella consulenza. Perché non incentivare questo passaggio, prevedendo binari agevolati per quei tecnici, quadri, dirigenti la cui esperienza può essere utilmente usata nella consulenza? Non si possono allontanare le persone sulla base dell’età, per poi magari richiamarle quando le macchine non funzionano. Non si possono sostituire lavoratori esperti con giovani alle prime armi, solo perché costano la metà. Le aziende miopi sono quelle che navigano a vista. Le aziende previdenti sono quelle che gestiscono le età. E che non buttano via la conoscenza e l’esperienza, una risorsa preziosa su cui si sono fatti investimenti, una risorsa che va considerata con la stessa energia con la quale si afferma di voler partecipare alla “caccia ai talenti”.