08.04.2008
Giovani, “over 50”: sull’occupazione circolano dati contraddittori

Di Armando Rinaldi

Caro Passerini,
io credo che in Italia esista una grande “questione” lavoro, con tutti quegli annessi che vanno dai diritti e doveri dei lavoratori, ma anche degli imprenditori, alla sicurezza individuale e sociale, al sistema di welfare, a quello previdenziale, ecc. Una “questione” che, se non risolta, non può che produrre le gravi conseguenze cui stiamo assistendo: PIL lontanissimo dalle medie di altri Paesi europei, consumi in calo, produzione al palo, dissoluzione di interi comparti industriali, crescita della fascia di popolazione sotto la soglia di povertà Purtroppo le strategie finora adottate, se tali possono definirsi, si sono mosse in una logica disordinata ed estemporanea con interventi frammentari verso un contesto che, al contrario, necessiterebbe di una visione complessiva dalla quale far derivare una seria programmazione di medio e lungo respiro.
Si è intervenuti, con scarsi risultati, sul fronte della disoccupazione e della precarietà giovanile, senza tenere conto che la coperta tirata in quella direzione finiva per scoprire i disoccupati in età matura, si è cavalcato il teorema dei padri contro i figli per giustificare riforme previdenziali che hanno messo in crisi padri che con il loro lavoro sostenevano l’intera famiglia, si sono reiterate misure a sostegno delle ristrutturazioni aziendali disinteressandosi del fatto che molte imprese, incamerato il sostegno pubblico, delocalizzassero all’estero e, infine, si parla da oltre un decennio di riformare un sistema del welfare, per allinearlo agli standard europei, senza che ciò si sia tradotto in nulla di lontanamente prossimo a tali standard.
Tutto ciò è oltre tutto avvenuto con la lentezza tipica di un sistema politico e sociale talmente burocratizzato da risultare incapace di intuire che, oggi, i mutamenti economici e sociali viaggiano a velocità siderale e richiederebbero analoga capacità di reazione.
Purtroppo molti treni sono stati persi e sarà difficile riprenderli, ma la cosa più preoccupante è il persistere di atteggiamenti e convinzioni che si sono ampiamente dimostrate inefficaci. E’ difficile capire se esiste nel Paese la volontà di mettere in discussione concetti e luoghi comuni consolidati, provando a rovesciare un paradigma che sembra ingessare la nostra classe dirigente.
Si potrebbe cominciare a farlo con una seria analisi dei dati Istat sull’occupazione smettendola di crogiolarsi nel rassicurante dato di un’occupazione in costante crescita. Entrare nel merito di quei dati, analizzare gli aspetti contraddittori che li caratterizzano, ci permetterebbe di avere una visione più chiara della realtà e di stimolarci ad affrontare con logiche nuove una condizione di emergenza che, ad oggi, lascia ben poche speranze di ripresa del Paese.

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